Day 21: Barcelos-Seara 29.7 km

Day 21_19 giugno 2016
Barcelos-Seara
Km. 29,7
Km. Percorsi 508,2
Partiamo prima dell’alba. Le belle strade di Barcelos sono deserte. Solo un paio di spazzini allegri e solerti è in attività. È domenica, tutto tace e riposa.

Mentre usciamo dalla città, fotografiamo i tanti galli che incontriamo. Possono essere di pezza, di metallo, di pietra. Sono ovunque. La leggenda del gallo di Barcelos me l’ha raccontata la signorina alla reception dell’albergo. Racconta di un pellegrino che, di passaggio a Barcelos, viene accusato di furto e condannato all’impiccagione. Il pellegrino chiede di essere portato davanti al giudice per manifestare un’ultima volta la propria innocenza. Il giudice era a pranzo e il pellegrino osservando il galletto arrosto nel
piatto esclamò che se fosse stato impiccato, quel galletto avrebbe cantato. Il galletto cantò e il giudice accorse in piazza a salvare il povero pellegrino. Da allora il gallo di Barcelos è diventato il simbolo del
Portogallo.

Sulla via, Incontriamo varie chiesette. Il loro stile è cambiato, sono completamente in pietra a vista e quasi sempre con una loggia che nei tempi passati serviva da riparo ai pellegrini.

Le zone che attraversiamo oggi sono prettamente agricole e si alternano a poche aree residenziali.

A circa cinque chilometri dalla partenza, troviamo finalmente un bar aperto dove, oltre a fare colazione, possiamo mettere un timbro sulle credenziali. Subito dopo di noi, entra anche un altro pellegrino. È di Nizza, lo abbiamo già incontrato varie volte. Fa colazione con noi e ci parla del suo viaggio a piedi da Nizza a Roma, passando per la riviera ligure. Racconta della bellezza di quel cammino, ma anche delle sue difficoltà dovute a tappe molto dure. Spesso è così che nasce il desiderio di iniziare nuovi cammini, ascoltando i racconti degli altri. Il Nizza-Roma è ora nella lista dei miei desideri.

La strada è sempre comoda. Si alternano sentieri in terra battuta ad acciottolati e lastricati. Le segnalazioni sono ottime con addirittura cartelli informativi sulla tappa.

Il caldo si fa sentire da subito, ma entriamo ed usciamo diverse volte in boschi fitti di eucalipti che ci danno refrigerio dalla calura.

Le poche persone che incontriamo ci offrono sempre un sorriso e un augurio di buon cammino. Una di queste, un signore sorridente e gioviale, mentre mi saluta indica le ginocchia e mi chiede se stanno bene, io col pensiero faccio gli scongiuri, sorrido, annuisco e procedo.

A circa 10 km dalla partenza, immersa nei miei pensieri mentre scrivo sul telefono e cammino, mi accorgo di gocce che cadono sullo schermo del telefono. Sono gocce di sudore dalla mia fronte. Alzo lo sguardo e mi accorgo di essere su una dura salita. È la salita alla Portela de Tamel. Capisco che è ora di mettere in tasca il telefono, calzare i bastoncini e indossare il cappello.

Arrivati a Tamel, per riprendere fiato, facciamo una pausa in un bar. È aperto, ma vuoto, richiamiamo l’attenzione di qualcuno, spunta un ragazzo che sembra ancora addormentato e a fatica ci facciamo capire.

Riprendiamo il cammino e mentre usciamo dal paese, sentiamo che qualcuno ci sta sorpassando. Ci voltiamo per salutare, ma il nostro saluto non viene contraccambiato. È una piccola comitiva di giovani senza zaino, che avanza alla spicciolata. Ci sorpasseremo a vicenda più volte durante tutta la tappa. Loro sempre freschi e leggeri, noi sempre più affaticati.

Nel piccolo paese di Aborim, su una piazzetta, passiamo di fianco ad una croce e ad un bellissimo albero di eucalipto solitario, altissimo e imponente.

Poco dopo, attraversiamo il rio Neiva su un bel ponte romano. Inizia una zona agricola con vigneti e coltivazioni di mais. Ruscelli e canali sono ovunque. Si cammina sentendo il rumore dell’acqua che scorre. Arriviamo ad un grande stagno abitato da una miriade di rane e rospi gracidanti dei quali sentivamo la voce ancor prima di vederli.

Il sentiero diventa sassoso e pericoloso per le nostre gambe, bisogna fare molta attenzione. Dopo poco migliora e pur essendo stretto è comodo, in terra battuta e si alterna a tratti in lastricato. Come in una gimcana, attraversiamo diverse volte la statale senza entrarci mai.

Per molti chilometri ci accompagna la musica in lontananza di una festa patronale, proveniente da uno dei tanti paesini della valle in cui ci troviamo. È un continuo cambio di intensità del suono in base agli ostacoli che incontra prima di arrivare alle nostre orecchie.

In questa atmosfera di festa, arriviamo a Balugaes dove incontriamo una bella chiesetta romanica in pietra, con una bella loggia.

Camminiamo sempre circondati da bellissime coltivazione di mais e vigneti qua e là, alti eucalipti segnano i confini delle proprietà.

Speriamo di trovare un posto di ristoro, ma purtroppo troviamo solo “Casa Fernanda”, (consigliata da tutte le guide) chiusa. Decidiamo di sederci all’ombra di un albero del suo giardino che fortunatamente è aperto e sorseggiare un po’ d’acqua della nostra scorta, ormai calda. Non ci resta che mangiare le due mele che conserviamo gelosamente in caso di emergenza. Ci daranno energia per gli ultimi chilometri.

Ultimi chilometri che si svolgono su acciottolato assolato che mette alla prova ginocchia e caviglie. Dà sollievo il sentire l’intenso profumo dei rincospermi che ricoprono i muri di cinta sul sentiero. Teniamo duro e un passo dietro l’altro, arriviamo.

Domani partiamo con comodo, non sarà una tappa lunga, ma dura.


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