3 giugno 2016
Arneiro das Milhariças-Minde
Km. 21
Per evitare la canicola durante il cammino, ci siamo svegliati alle 5:30 al canto di galli che facevano sentire la loro voce da ogni dove e campane che suonavano. L’atmosfera era bucolica e piacevole.
A colazione eravamo in compagnia di un altro pellegrino; i padroni di casa, marito e moglie, ci servivano e chiacchieravano con noi. Il pellegrino, portoghese trapiantato in Francia, al suo settimo cammino, era poco loquace. In compenso, il padrone di casa era amante della conversazione. 85 anni lui, 86 lei, gestiscono la loro pensione “Casa O Primo Basilio” in modo eccellente. È l’unico alloggio in un’area di circa 40 km, per cui tutti i pellegrini di passaggio devono fare sosta qui. L’alternativa è fare tappe lunghissime. Io avevo prenotato già 15 gg prima della partenza.
Ci mettiamo in cammino presto e da subito inizia un brutto sentiero in salita, fango indurito e scavato profondamente dai trattori che da qui hanno accesso ai campi.
Come mi aveva confermato il signor Basilio, i contadini rimasti sono pochissimi e molti campi e proprietà sono abbandonate nonostante la terra abbia un aspetto fertile e generoso.
A fatica raggiungiamo la cima della collina e qui camminiamo per alcuni chilometri. Incontriamo dei mulini a vento abbandonati, ma visitabili, ottimo esempio di archeologia industriale.
Arrivati al paesino di Chã de Cima c’è un bel panorama sulla valle ed una piccola cappella, Nossa Senhora das Candeias, che, come le altre, è chiusa.
Le case che incontriamo sono disabitate, hanno un aspetto da case di villeggiatura perché chiuse, ma in ordine, come se tenute pronte, all’occorrenza.
La vegetazione intorno a noi è bassa, solo arbusti e qualche fila di eucalipti. Sporadici lecci portano un po’ d’ombra al pellegrino di passaggio.
Gli unici rumori, sono il belar di pecore a destra e, in lontananza a sinistra, il rumore ovattato delle rare macchine che percorrono la statale.
Dopo circa 5 km di sentiero, incontriamo la strada asfaltata, ma senza traffico.
Si scende verso un altro paesino e ricomincia la strada in terra battuta. Si attraversa un bel bosco di eucalipti dal profumo intenso.
Intorno alle 10 entriamo nel paese di Monsanto attraverso un bel sentiero tra muri a secco e una moltitudine di fiori colorati. Si incontrano diverse ville abbandonate, la cui architettura è segno di un antico benessere ormai sparito.
Troviamo un bar aperto dal nome bizzarro, “Mal cozinhado”, e facciamo una pausa con un caffè e un buon dolcetto locale, un “barquinhos do Ribatejo”, a base di frutta mista, farina e uova.
Anche qui incontriamo una bella chiesa che promette meraviglie al suo interno. Purtroppo anche questa chiusa.
Ora si cammina su asfalto, ma con assenza di traffico, tra uliveti abbandonati, circondati da arbusti. Incontro i primi pini e le uniche mucche viste finora. Mucche poco abituate alla presenza umana, visto che appena mi sono avvicinata per fotografarle sono fuggite al galoppo.
Si arriva a Covão do Feto intorno alle 11 con la speranza di trovare un bar dove bere qualcosa di fresco. Il paese è arroccato sul fianco di una collina e le sue strade sono ripidissime, noi arranchiamo fino in cima, alla fine delle sue strade, senza trovare punti di ristoro, solo un grande albero di fico che generosamente getta i suoi rami al di là del muro a secco in cui cresce e fa ombra sulla strada. Ci sediamo su quel muretto, beviamo e ci riposiamo godendo della brezza che spira dal basso della collina.
Riprendiamo il cammino per l’ultimo tratto di oggi. È il più impegnativo: un dislivello di 200 metri in un chilometro. Poco dopo il paese, si prende uno stretto sentiero scosceso e roccioso in cui bisogna fare molta attenzione ad evitare indesiderate distorsioni. In questi sentieri i bastoncini sono essenziali.
Lo spettacolo della natura è al massimo. Tutt’intorno a noi, arbusti profumati e fiori dai vari colori e varie proprietà. Sembra di essere in un’erboristeria a cielo aperto. Al nostro passaggio, grandi cespugli di rosmarino rilasciano il loro aroma intenso. Il sentiero si sviluppa tra i muri a secco che racchiudono uliveti abbandonati. È una natura generosa di cui i locali non sanno o non vogliono cogliere i frutti.
La faticosa salita porta alla cima della collina da cui si ha una perfetta veduta del paese di Minde, la nostra meta di oggi. È in fondo alla valle e per raggiungerlo bisogna scendere a rompicollo su un sentiero roccioso. Anche qui l’attenzione è al massimo.
Finalmente troviamo una chiesa aperta: la chiesa madre di Minde. All’interno è decorata con gli azulejos ed ha un bel retablo barocco. Costruita nel ‘600 e restaurata varie volte, è in perfetto stato di conservazione.
Oggi non possiamo lamentarci di aver mangiato troppo. In paese c’è un solo ristorante che non fa orari consoni ai pellegrini ed abbiamo perciò optato per un bar che purtroppo serve solo zuppa. Era a base di patate e di una verdura che non ho riconosciuto, c’erano anche due pezzi di un qualcosa che sembrava salsiccia. Era buona, ma forse avremmo gradito qualcosa di più.
L’alloggio è in una villa con piscina. È confortevole e la proprietaria è gentilissima.
La meta di domani è Fatima. Sarà una tappa breve, ma forse pioverà.