Questa notte, nonostante un concerto incessante e una persona caduta dal letto a castello con rumore impressionante, mi sono addormentata e ho dormito bene. Per dovere di cronaca, la persona caduta è incolume.
Alla mattina abbiamo scoperto che eravamo tumulati nell’albergue, non si poteva accendere la luce e tutti noi usavamo delle torce. In più, non potevamo uscire per fare colazione, pena l’impossibilita di rientrare, perché la porta d’ingresso aveva la maniglia solo interna e non era previsto che avessimo le chiavi per rientrare. L’hospitalera (la proprietaria) sarebbe arrivata tardi.
Ci siamo perciò preparati, zaino in spalla e bastoncini, e partiti tirandoci dietro la porta.
Il cielo è stato nuvoloso per tutta la tappa e faceva freddo, ma non ha piovuto, solo qualche spruzzatina qua e là durante la camminata.
L’uscita da Logrogño si sviluppa su un bel sentiero ampio e ben battuto che ci accompagna fino a Najera. Una tappa lunga, ma senza difficoltà, richiede solo buone gambe.
Si attraversano boschi di pini, mandorli, frassini e pioppi. Uno di questi è un esemplare eccezionale: un pioppo bianco di più di 100 anni.
Si attraversa il paese di Navarrete e poco dopo si intravvede, svettante su una collina, la famosa sagoma di un enorme toro, fatte le foto di rito, ci siamo diretti verso Ventosa. Qui abbiamo fatto una pausa e ci siamo rifocillati con un’enorme baguette imbottita di prosciutto e formaggio. Che bontà! Ci siamo poi rimessi in cammino verso Najera, tra vaste colline coltivate con lunghissimi filari di viti. Ovunque si volgesse lo sguardo, viti, viti e viti. La precisione e simmetria di quei filari, attirava il mio sguardo, quasi una sfida a volerne trovare uno fuori posto, ma tutti erano perfetti. Quando si cammina, si ha tempo di osservare e pensare e anche di giocare con i propri pensieri.
Arrivati a Najera, trovare l’albergue è stato facile. È nuovo e ben organizzato, situato nel centro storico. Siamo in una camera con due letti a castello. La quarta persona è una signora francese.
Ormai sono esperta di vita da albergue. Appena arrivata, subito la doccia, per evitare acqua fredda. Subito dopo, lavatrice e asciugatrice, per evitare lunghe attese e stazionamenti in fila davanti alle macchine. Con mia grande soddisfazione sono riuscita a battere sul tempo un francese che sperava di usare la lavatrice prima di me. Ogni volta che si arriva all’albergue, è come una “Sfida all’O.K. Korral” . Osservavo certe signore organizzatissime e mi rendevo conto che dovevo imparare e adattarmi. Dopo i primi giorni di disorientamento, ormai sono esperta anch’io e affronto la sfida ogni giorno, ma con mutande, maglie e calze, anziché con la Colt 45.
Domani “solo” 20 km!
— English version on its way 🙂