Come previsto, tappa bagnata!
Piove. Ci infiliamo ghette e mantella, ma non usiamo i bastoncini perché la tappa si svolge su asfalto.
Attraversiamo la periferia di Castro Urdiales su strada tranquilla e che rapidamente ci porta su una collina che sovrasta la cittadina.
Appena fuori da Castro Urdiales, la strada prosegue con un alto muro sulla sinistra da cui proviene un iniziale e timido raglio. Man mano che ci avvicinavamo diventava sempre può deciso. Mi giro verso la sommità del muro e vedo spuntare un paio di grandi orecchie d’asino.
La strada diventa sentiero, ma per poco.
Attraversiamo Allendelagua, un piccolo borgo un po’ malandato.
In fondo ad un rettilineo si scorge l’oceano. Il cielo plumbeo non lascia ben sperare.
Come avevo già notato, in Cantabria non c’è molta cura per il territorio e spesso troviamo spazzatura per strada.
Proseguiamo, sempre con l’oceano in bella vista.
Il sole ancora non si vede, il cielo è ancora scuro. Sotto di noi corre l’autostrada e più avanti, la statale 634 che prenderemo tra poco fino a Laredo.
Le guide sconsigliano, in caso di brutto tempo, il percorso sulla costa e noi seguiamo il consiglio.
Arriviamo a Cerdigo, con la sua bella chiesa e, mentre usciamo dal paese, in una discesa, trovo tre tombini in fila.
Li vedo e, sapendo quanto siano scivolosi, evito il primo, evito il secondo, ma il terzo lo prendo in pieno e, senza bastoncini ad aiutarmi, capitombolo sull’asfalto bagnato. Tutto il fianco sinistro ne risente: il braccio, che mi rimane schiacciato tra l’asfalto e i bastoncini (ben riposti sul fianco dello zaino, purtroppo!), e il ginocchio che ha la peggio perché picchia violentemente sull’asfalto. L’abrasione è profonda e perdo sangue. Per il dolore, mi sento svenire. Gianfranco mi aiuta a sedermi sul marciapiedi, mi riprendo lentamente. Cerchiamo di medicare la ferita al meglio possibile e riparto zoppicante. Devo camminare ancora per una ventina di chilometri, ma devo stringere i denti e farcela.
Arriviamo ad un bar dove posso riposarmi e fare uno spuntino. Subito ripariamo ed entriamo sulla strada 634 che ci porta alla foce del Rio Aguera. Quando arriviamo c’è l’alta marea che quasi lambisce le abitazioni di Oriñon.
Tra una collina e l’altra, scorgiamo continuamente l’oceano.
Arriviamo a Mollaneda che si trova nella valle di Liendo e notiamo che, forse per la pioggia o forse per il forte vento, i paesi che incontriamo sono deserti.
Tra vento forte, scrosci violenti d’acqua e pioggerellina continui, arriviamo in vista di Laredo.
Dalla vetta della colllina che sovrasta Laredo, si ha un bel panorama sulla sua bella spiaggia e sull’oceano.
Appena arrivata in paese, vado in farmacia dove mi consigliano di andare in ospedale per controlli più approfonditi e per scongiurare peggioramenti. Una dottoressa mi medica il ginocchio e controlla il braccio. Fortunatamente non ci sono rotture, potrò continuare il cammino, ma mi consiglia il riposo per un paio di giorni. Mestamente accetto il suggerimento e mi dirigo zoppicando verso l’albergo.
Resteremo qui a Laredo due giorni.
I chilometri percorsi oggi sono ben 27,8!!!
Riposo fino all’ora di cena, mentre Gianfranco visita la cattedrale e mette il timbro sulle credenziali. Ceniamo vicino all’albergo in un bel ristorante con cucina locale. Sono riuscita a trovare qualcosa che non fosse “peperoni e patate”. Mi sono concessa un dolcetto basco “consolatorio”, ne avevo bisogno!
Buonanotte a tutti
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🤗🤗🤗