Era previsto tempo nuvoloso, ma con mia grande sorpresa, affacciandomi alla finestra, vedo il cielo splendidamente sereno. Ne sono molto contenta perché la tappa di oggi ha bei panorami che è meglio vedere col bel tempo.
Usciamo. Il piazzale davanti all’albergo è deserto. I turisti di giornata non sono ancora arrivati. I bar, di cui è piena la piazza, sono chiusi.
Il cammino si addentra subito nel bosco e ben 119 scalini si presentano davanti a noi. È una fortuna averli all’inizio tappa, penso!
Appena fuori dal bosco, oltre i gradini, il sentiero si inoltra sul fianco della collina e un bel panorama si apre davanti a noi. L’oceano, prima di farsi vedere, si fa sentire, infatti, mentre eravamo ancora nel bosco, sentivamo il rumore sordo delle sue onde che si infrangevano sulla grande spiaggia.
Già a quell’ora, diversi surfisti stavano giocando con le onde. Fermi, in attesa di quella giusta da cavalcare e poi via, in equilibrio sulla tavola, fino quasi alla spiaggia. È stato divertente vederli da quella posizione privilegiata.
Il panorama riempie di emozioni, il cielo è sgombro da nubi e la vista è libera su tutta la costa cantabrica. La costa basca è ormai alle nostre spalle e proprio oggi attraverseremo il confine tra Paesi Baschi e Cantabria. Ogni tanto, giro lo sguardo alle mie spalle per vedere il sole alzarsi dietro le coste basche.
Il sentiero è stato realizzato su una vecchia linea ferroviaria utilizzata in passato dalle numerose miniere presenti in zona. I materiali venivano trasportati in vari punti di imbarco, su navi mercantili.
Dopo qualche chilometro, entriamo in una galleria che ci porta oltre una collina.
Ogni tanto, incontriamo animali liberi di pascolare sulle ripide pareti rivolte verso il mare: mucche, cavalli, asini. Non riesco ad attirare la loro attenzione, sembra quasi vogliano approfittare del bel tempo e calma di vento per brucare a più non posso quell’erba che normalmente è esposta a forti venti e intemperie che rendono quei clivi quasi inaccessibili.
Sbuchiamo da un fianco della collina e davanti a noi si para un “mostro”. È un impianto chimico in cui viene utilizzato il fluoro. È proprio su un promontorio in bella vista sull’oceano. Il suo apparire lascia sbigottiti, anche perché, oltre ad imbruttire la scogliera, rilascia i suoi miasmi nell’aria.
Ci allontaniamo dalla costa,
passiamo sotto l’autostrada ed attraversiamo il paesino di Ontón, con pochi abitanti e tante case abbandonate.
Ci immettiamo sulla strada statale 634 e passiamo di fianco all’ennesima chiesa chiusa. È la chiesa dell’Immacolata Concezione di Ontón.
Rimarremo su questa statale fino a Castro Urdiales, attraversando più volte l’autostrada A8 che porta in Galizia.
Dopo una ripida salita sul fianco di una collina, il panorama si riapre verso l’oceano e scorgiamo per la prima volta la meta di oggi, Castro Urdiales.
Passiamo sotto un viadotto dell’autostrada, il degrado regna sovrano, purtroppo. Noto con dispiacere che la cura del paesaggio notata nei Paesi Baschi, qui è carente. Ai lati delle strade, è spesso presente spazzatura e le erbacce non vengono tagliate.
Quando si cammina si ha il tempo e la possibilità di osservare in dettaglio ciò che ci circonda e questo fa sì che la differenza nella cura del territorio tra un’amministrazione pubblica e l’altra si noti facilmente, mentre quando si guida, sia una macchina sia una bicicletta, certi dettagli sfuggono.
Arrivati in cima ad una collina, il panorama si distende sulla spiaggia di Mioño e sul grande maneggio situato poco oltre.
A Mioño facciamo finalmente una pausa nel primo bar che incontriamo. Il boccadillo è ormai un obbligo, accompagnato da un buon caffè. Mi accorgo, un po’ confusa, che i tovaglioli che devo usare per avvolgere il mio panino sono stati creati da qualcuno con un umorismo “da bagno”. Non nascondo di aver preferito non avvolgere il panino, ho però sorriso alla battuta.
Ormai stiamo per entrare a Castro Urdiales, si intravvedono palazzoni che non ci si aspetterebbe di trovare in una cittadina turistica in riva al mare.
Appena entriamo in città, ci accoglie, come sempre, un bel marciapiedi lastricato che ci accompagnerà fino all’arrivo.
La strada arriva fino al mare, fiancheggiando un torrentello le cui rive sono decorate con belle siepi e alberi dalle foglie rosse, che di alternano ad altri dalle foglie verdi.
È l’ora della bassa marea che lascia scoperti begli scogli stratificati e ricoperti di alghe.
L’ampia e bellissima passeggiata sul mare la percorriamo fino all’albergo che è nel centro storico.
Circa a metà passeggiata, noto il molo che protegge il porticciolo, abbellito da una lunga fila di palme e dotato di una scalinata usata dai locali per prendere il sole. È attrezzato anche con docce, servizi e cabine.
In lontananza scorgo la cattedrale e il castello costruiti nel punto più alto della scogliera, in posizione dominante.
Arriviamo troppo presto per effettuare il check-in, decidiamo allora di visitare cattedrale e castello, nell’attesa che la camera sia pronta.
I chilometri fatti sono 16,1:
La cattedrale di Santa Maria de la Asunción, splendido gotico del XIII secolo, sorge su un promontorio in cui si trova anche il faro-castello e un antico ponte romano.
Nella parte antica, noto bei palazzi dai vari stili architettonici, tra questi, il palazzo Solvarrey, in stile Art Nouveau.
Ceniamo in un ristorante che millanta origini italiane. La felicità di poter assaporare un buon risotto alla marinara è stata brutalmente uccisa quando ho messo in bocca la prima cozza. Sapeva di aceto così come un carciofo che si era perso, forse per errore della cuoca, tra i chicchi di riso. Erano cozze e carciofino non freschi, ma conservati sottaceto. Inspiegabile, se si pensa che siamo in una città da sempre famosa per la pesca.
Torno delusa in albergo, non senza notare che nuvole molto minacciose coprono il cielo, l’aria si è fatta fredda e il vento si è alzato.
Domani ci bagneremo sicuramente.
Buonanotte a tutti.
23:18